Il grande scrittore americano Francis Scott Fitzgerald definiva la crescita come molto dura da fare, tanto che è molto più facile saltarla passando da una fanciullezza all’altra.
Eppure, a volte, crescere si rivela un esercizio molto facile, piacevole, spontaneo, a qualcuno capita in maniera naturale di cambiare, evolvere, senza alcuna fatica.
Altre volte, invece devi farlo. Perché? Perché sei costretto: o vivi o muori.
Si dice che quel che non ti uccide ti tempra. A me è successo così, e non mi stupisce più se certi giorni mi sento appunto come un reduce.
Chi sopravvive a eventi dove la maggioranza perisce, viene definito Reduce.
Essere reduce è dunque una esperienza acquisita, uno “status” di chi in qualche maniera sopravvive, cambia, si salva, o almeno ci prova.
Di sicuro so come ci si sente.
Parliamone, magari riconosci le sensazioni….
Il tuo orizzonte interiore è cambiato in maniera irreversibile, percepisci il mondo con sensi acuiti, sei belva e preda, osservi tutto a metà tra l’esploratore cauto e il fanciullo che non smette mai di stupirsi.
L’umore talvolta la fa da padrone, con alti e bassi ai limiti del patologico, in realtà frutto dell’ampliamento interiore. L’Animus vuole vivere qui e ora e si fa sentire cosi.
Allora sperimenti irrazionali gioie, entusiasmi dimenticati, voglia di stare bene, di cose semplici. Certe volte poi ti ritrovi indolente, apatico, svogliato e lunatico, una sorta di refuso umorale che credi possa autorizzarti a lagnarti, ma solo un pò, perché sei comunque vivo, e forse ne vale la pena.
E continuo perchè …
Da ogni viaggio si torna cambiati, e da certi, chi torna è consapevole di essere diventato altro.
Così cambia la visione della vita, cambiano i progetti, cambiano i desideri, cambiano i sogni.
Cambia tutto e vuoi solo stare bene, tranquillo, con persone affini e cose care, meglio se in un luogo tranquillo e in mezzo alla natura.
Così ho fatto, o almeno così ha agito la provvidenza, il caso, attivandosi intorno a me, mentre io ci pensavo solo.
Le cosiddette scelte impopolari diventano imprescindibili ed essenziali, tutto intorno sbiadisce e perde consistenza, lasciando colore e ricchezza verso ciò che ora è basilare per continuare a vivere, o meglio per vivere ciò che di fatto è una vita nuova.
Vivere da reduce porta a esprimere ciò che è in te, che sia la tua vera natura, o che sia la tua natura adesso.
Hai provato qualcosa del genere? Tanto o poco che sia, se lo provi sappi che è un percorso irreversibile. Puoi fingere che non sia successo nulla, per un po’ forse, puoi tentare di resistere, ma andare contro corrente è snervante e innaturale. Lasciati portare dal flusso universale e capirai ben oltre le parole.
Ecco che la vita cupa dei reduci non ci appartiene affatto, nonostante qualche sbalzo sopra descritto, il resto è vita vera, celebrazione e consapevolezza. Grazia e gratitudine vissute in maniera reale, pratica, semplice, estremamente appagante anche se impopolare.
Potrei sembrare un visionario, ma so che sempre più persone si svegliano, purtroppo anche grazie alle disgrazie attuali. Dunque non tutti i mali nuocciono e basta.
E allora prendi coscienza …
Tutto questo non vuole essere un trattato, ne un manuale del cambiamento; questo è una specie di diario di vita quotidiana, della mia quotidianità di reduce consapevole e felice.
Ho anche creato un Blog in cui esprimo idee, considerazioni e cose del genere, allo scopo di essere utile a chi è sullo stesso percorso e chiunque voglia curiosare. Trasformare le informazioni e le esperienze in parole scritte, frasi e periodi sui quali riflettere è intenzionale. Dal diario che resta dimenticato nel cassetto, ai tanti video che vengono ascoltati con attenzione distratta, scelgo la parola scritta, anche in digitale, perché la lettura ti obbliga a essere presente. Devi essere tu lì a leggere per capire, metabolizzare, fare tue le informazioni. Ogni volta che ti distrai o smetti, si ferma anche il flusso. Sta a te e solo a te riprendere o meno.
E comunque Non mi interessano più gli stereotipi, non rincorro più traguardi professionali o economici, non ci sono belletti o gioielli che possano attrarmi. Il lusso non è sinonimo di felicità. Piuttosto il lusso è godersi ciò che si ha già.
Ben lungi dal consigliare vita ascetica, è cosa buona e giusta circondarsi di tutto ciò che ci fa bene e ci piace, in conformità alle nostre disponibilità a spendere, accogliere e godersene!
Vivere da reduce – Cosa faccio e non faccio.
Rispondo alla domanda espressa e pensata: ma allora cosa fai? E cosa non fai più?
Chi vive da reduce oltre la mera sopravvivenza, diviene consapevole che l’esperienza della vita qui e ora è preziosa. Chi è come me desidera essere presente, sviluppa consapevolezza, e sebbene permanga di base il desiderio di cose semplici, ciò non significa vita apatica o inerte, bensì vita attiva regolata su ritmi e intenzioni differenti dalla massa e dal passato.
In sintesi: seguo ritmi naturali, dormo più in inverno, sono più operoso nelle altre stagioni, pulisco il bosco e faccio legna, curo l’orto, cucino pietanze sane, passeggio, medito, ascolto musica, leggo, scrivo, scendo in auto fino alle città circostanti per fare scorte alimentari di cibi che non produco, e per materiali necessari ai lavori di casa.
Faccio visita o ricevo visita da persone amiche e affini, faccio anche una minima attività social digitale.
Cosa Non faccio: .… non corro più, non corro più per prendere i mezzi a Milano per arrivare in orario. Non corro più in auto per compensare le code continue, non mi faccio venire mal di pancia per tutti quegli imprevisti che la burocrazia statale crea di continuo, anzi li prendo come divertenti rompicapo da smontare. Non acquisto cibi spazzatura solo perché sono in offerta o belli colorati. Non vivo più in luoghi troppo caotici e inquinanti.
Uso la tecnologia, non mi faccio usare. Come già detto Non faccio vita social, o almeno la faccio in maniera sporadica quando capita di averci a che fare per altre faccende, informazioni, curiosità che mi sono utili e dilettevoli.
Non compro marchi troppo blasonati, ma ricerco il miglior rapporto di qualità e prezzo spulciando anche marche minori e poco conosciute.
Non finanzio le multinazionali e dove posso compro in zona dai superstiti artigiani. Non compro cineserie ne indianerie, almeno evito di finanziarli, anche se purtroppo si sono intrufolati a produrre di tutto e talvolta non puoi evitarlo, ma limito più che posso i loro prodotti, specie quelli di dubbia qualità e fattura.
Faccio acquisti coscienziosi a sostegno degli artigiani e i piccoli produttori; idem ho acquistato l’auto con il miglior rapporto di utilità e qualità prezzo per me.
Imparo via via l’autosussistenza alimentare mettendo a frutto l’esperienza orticola degli antenati con le nuove conoscenze. È gioia per i sensi e la salute, poter coltivare, vedere crescere e poter assaporare ciò che la natura produce in abbondanza, anche grazie al nostro piccolo apporto.
Mi godo di giorno il sole di una pressoché perfetta esposizione, di notte il baluginare di stelle e delle luci nella pianura sottostante. Pioggia e vento danzano, arricchite dagli umori delle stagioni che si mescolano con le loro segrete armonie. La natura fa da maestra e io imparo i suoi ritmi perfetti.
Faccio vita semplice, rituale, piena di pensieri e azioni coerenti, ma anche incoerenti. Vivo in equilibrio tra minimalismo e accantonamento funzionale, osservo il mondo, non da un’oblò come la celebre canzone, ma da un magnifico terrazzo naturale come sovrano e servo della mia esistenza.
La mia vita da reduce è il privilegio acquisito, il lusso quotidiano di una vita in vacanza perpetua.
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